Il corpo riverso a terra, appoggiato con un fianco alle pietre scure della vecchia fontana, è quello di un uomo anziano. Quasi nudo, in parte avvolto in un telo bianco di cotone. L'espressione contratta del viso rugoso lascia immaginare sofferenze spaventose. La carne lacerata, gli squarci bordati di sangue rappreso, le dita martoriate, fracassate una a una, sono il segno evidente delle torture di indicibile brutalità a cui la vittima è stata sottoposta prima che giungesse il riposo finale. E poi quell'odore. Lo strano odore emanato dal cadavere, o forse dal telo che lo ricopre come un sudario, ha una collocazione per ora sfuggente in un qualche angolo della mente di monsignor Attilio Verzi, chiamato poco prima dell'alba a esaminare il macabro ritrovamento. Ciò che presto gli apparirà chiaro è che una scia di morte ha raggiunto Roma da luoghi lontani. Una catena di delitti e di follia che, originatasi dalla ricerca di un'antica reliquia cristiana, soltanto lui con l'aiuto di Dio e il suo dono per l'investigazione potrà spezzare.
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